Cittadini Illustri - Crescenzo Buongiorno

Un Bonitese che conquistò larga fama in campo musicale

Descrizione

Crescenzo Buongiorno nasce a Bonito (Avellino) il 9 agosto del 1864 da Gaetana Marenghi e Ambrogio Buongiorno. Fin da ragazzo dimostra uno straordinario talento musicale; inizia la sua carriera suonando, con il piffero comprato da un contadino, le musiche della banda musicale del suo paese e pezzi composti da lui stesso, ispiratigli da una “luna lucente che suggeriva Poesia… Profumi… Amore”.

Chi ne scopre il talento è il Regio Commissario del Comune di Bonito, che, tediato dalla vita monotona del paese, gli propone degli “intrattenimenti musicali in farmacia”. A dodici anni sbalordisce il Maestro della Banda musicale di Grottaminarda, componendo, in pochi minuti e sotto i suoi occhi, una melodia da questi definita come “l’opera di un gran Maestro e non di un ragazzino”. Quest’aneddoto, riportato da “Il Montanino” di Ariano di Puglia, gli procura il consenso del padre a fargli intraprendere gli studi presso il Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli e il sovvenzionamento pecuniario del Comune di Bonito. Allievo con Giordano, Cilea, Cesi, di Paolo Serrao, si distingue subito nell’esame di composizione, rappresentando nel 1886, con gran successo, la leggenda lirica “Etelka” nel teatro del Collegio.

Già prima, esibitosi in virtuosissime suonate al violoncello alla presenza della Regina Margherita, in visita al Conservatorio, ne riceve le vivissime personali congratulazioni. Si trattiene nel Conservatorio nel 1887 per comporvi un’opera, “La Pia dei Tolomei”, su invito ed incoraggiamento del Ministro Mancini. Per quest’opera (inedita ed esistente), il Libretto è affidato, come per l’”Etelka”, al noto librettista napoletano Enrico Golisciani.

Uscito dal Collegio col Diploma da violoncellista e contrappuntista compositore, Crescenzo Buongiorno peregrina non poco prima di trovare un lavoro degno di sé. Infine, pur essendo restio a comporre Operette, accetta l’ingaggio de “La Fenice” di Napoli, Teatro di rapida e fervida vita, che viene però chiuso nel 1895 perché “non sicuro contro gli incendi”. Per la brillante attività de “La Fenice”, sostenuta nell’ultimo decennio soprattutto da Buongiorno, improvvisano libretti a getto continuo, alternandosi attori-soggettisti come Eduardo Minichini, Raffaele Maffei, Achille Mastriani. Successo strepitoso hanno “Una Santarella”, “La Zingara”, “Il Diavolo Zoppo” ed altre tredici Operette, quasi tutte riportate nell’articolo redatto da Riccardo Allorto per l’Enciclopedia dello Spettacolo (Sezione “Le Maschere” della Casa Editrice Sansoni).

Per l’interesse suscitato dalla sua musica dolce e brillante, il Buongiorno viene esortato dalla stampa e dalla critica a raggiungere la Germania, dove i compositori vengono meglio compresi e quotati. Si decide alfine e, con una compagnia di concerto della quale egli assume la direzione, raggiunge il confine. Ultima tappa italiana è la rappresentazione a Trieste, nel Teatro dei Filodrammatici, dell’Operetta “Una nuova Santarellina”, il 28 ottobre 1894. All’estero, dove il talento del Buongiorno viene scoperto e protetto da un mecenate, il Barone Serge Von Huppmann Walbella di Dresda, prima rappresentazione di rilievo è quella de “L’Etelka”, rifatta ed arricchita, tradotta in tedesco da Hartmann, che riscuote vivissimi consensi (Praga 1894. L’opera esiste, nella prima redazione, al Conservatorio “San Pietro a Majella” e – rifatta – in autografi).

Seguono “La festa del Carro” o “Erntefest” (Hartmann – Stiatti) e “Cuore di Fanciulla” o “Das Madchenherz” (Hartmann – Illica). La prima opera, di ispirazione folcloristica, ricordo di una festa religiosa irpina, non trova in terra straniera l’interpretazione giusta dei cantanti, né scenografi esperti nel rendere il colore paesano, né la comprensione del pubblico e, come ci informa lo stesso Autore nella sua autobiografia, cade, al Teatro Nuovo di Lipsia, il 24 maggio del 1896; ma la seconda, completamente reperibile nei tipi di Schuberth di Lipsia, ha trionfale successo in più teatri: Kassel, Teatro Reale, 16/02/1901; Dresda, 05/05/1901; Piacenza, Teatro Municipale, 22/01/1903 (replica 29 gennaio). Proprio comunicando alla sorella Rosaria in Bonito il successo di quest’opera, il Maestro rivela di essere stato colpito “da un male terribile”.

E cade pure in questo periodo l’inizio dell’autobiografia, suggestiva per il calore umano che ne ispira, per i ricordi evocati, per l’estrema volontà che vi si legge, di un artista che vuole sopravvivere nella sua opera. Certamente per questa suprema tensione e per quest’ansia manca nell’autobiografia (che si chiude con il successo di “Da Madchenherz”) tempo e pace per accennare all’ultima fatica in cui si bruciano le forze esauste del Compositore. L’opera “Michelangelo e Rolla” su libretto di Ferdinando Stiatti, rappresentata a Kassel, Lipsia, Piacenza nel 1903, vede la luce ed il successo pochi mesi prima della morte del Maestro, avvenuta in Germania il 7 novembre dello stesso anno. Gli autografi, giunti in Bonito con documenti e ricordi, sono andati soggetti a plagi e dispersioni, nel tentativo perenne dei familiari di far rivivere un artista caduto troppo giovane sul campo della sua strenua lotta.

Testo: Prof.ssa Ermelinda Pagella

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